In attesa della X edizione della Settimana della Cultura d’Impresa, che si terrà dal 21 al 28 novembre, Museimpresa festeggia in ottobre i suoi primi dieci anni. Ne parliamo con Michele Perini, Presidente dell’Associazione dal 2003.

 

Elisa Fulco: Come è cresciuta l’Associazione Museimpresa in questi dieci anni? Quali gli obiettivi iniziali?

Michele Perini: Credo che il primo grande risultato sia numerico. Quando abbiamo iniziato nel 2001 erano soltanto 15 gli associati e oggi siamo già a quota cinquanta. Mi piace ricordare che l’Associazione è stata fortemente voluta dall’allora vicepresidente di Assolombarda, Carlo Camerana, sua è stata la definizione degli intenti e del manifesto, discusso con il gruppo di lavoro. Quando si è partiti il problema che ci si poneva era quello di rendere viva e non statica la cultura d’impresa, lavorando sulla consapevolezza culturale della singola impresa.  In questo senso Museimpresa, servendosi di tutti gli strumenti associativi del sistema confindustriale, ha sicuramente contribuito ad accelerare questa presa di coscienza, mettendo in rete e comunicando l’esistente, creando con l’esempio virtuoso delle aziende fondatrici una cultura della conservazione e della valorizzazione in grado di impedire ogni forma di dispersione del patrimonio industriale, sia nella piccola che media e grande impresa.

EF: In dieci anni che cosa è cambiato?

MP: Tantissime cose, oggi appare normale parlare di bilancio sociale, di sensibilità ambientale, ci sono normative precise da rispettare e si ha la certezza che tutti questi fattori incideranno sulla scelta finale del consumatore, che ci premierà o meno con la sua fiducia se verranno rispettate certe condizioni. Si è finalmente compresa l’importanza della storia come elemento di competizione e di forza soprattutto nei nuovi mercati. Storia che alla fine è sinonimo di durata. Se si resiste nel tempo significa che si ha la capacità di innovare e di intercettare tutti i cambiamenti e i bisogni della collettività.

EF: Lei è un grande sostenitore del rapporto impresa/territorio.

MP: Assolutamente sì. All’inizio di Museimpresa si pensava di costruire un luogo fisico in cui ricondurre tutte le diverse produzioni ma ci si è resi conto da subito che in questo modo si penalizzava il luogo di provenienza che è il vero differenziale per ciascuna delle realtà aderenti. Oltretutto queste realtà produttive spostate in un nuovo contenitore creato ad hoc venivano meno al compito importantissimo di creare una sorta di museo del presente. Da qui l’intuizione dell’Associazione che ha lanciato un messaggio chiaro: la ricchezza e la longevità di ognuna delle imprese aderenti è da ricercare nel territorio e nella filiera che le ha prodotte. Dal territorio scaturisce molto spesso il rapporto con le maestranze, la trasmissione del sapere e il passaggio generazionale di tutte le competenze. Un’intuizione confermata anche dal successo della Guida al Turismo Industriale in Italia edita dal Touring Club, che permette di scoprire le eccellenze produttive distribuite in tutta Italia. Un turismo tematico che affianca e completa quello artistico tradizionale.

EF: Che ruolo giocano gli archivi e i musei d’impresa all’interno delle aziende?

MP: Sono degli straordinari strumenti per rendere accessibili e comunicabili all’esterno i contenuti sedimentati nell’impresa, nonché  dei contenitori preziosissimi per la salvaguardia interna non solo degli oggetti  ma soprattutto dei processi. Chiaramente in base al tipo di impresa cambia anche l’uso di queste strutture. I brand più forti li usano soprattutto in chiave marketing (basti pensare al caso della Ferrari, della Ducati), tante realtà, come la stessa Sagsa, la mia azienda di famiglia, come  strumenti di comunicazione della propria ricerca. È di grande importanza comprendere il contesto storico in cui si inserisce ogni nuovo prodotto, apprendere in maniera visiva l’evoluzione della tecnica e i limiti superati per ottenere quello specifico risultato. Un caso emblematico è la Lettera 22 dell’Olivetti che ha segnato una vera rivoluzione tra le macchine da scrivere del periodo, solo dal confronto con altre macchine diventa chiara l’intuizione e la genialità dei creatori.

EF: Oggi si parla molto di Heritage Marketing, ovvero del recupero della propria storia per costruire nuovi contenuti e nuovi prodotti, o piuttosto di Story Telling per narrare le vicende dell’impresa. Sembra esserci un gran bisogno di riscoprire in chiave narrativa, e non solo economica, i saperi conservati e trasmessi dalle aziende.

MP: Sicuramente, oggi più che in passato c’è bisogno di storia e di storie. Un po’ come accadeva con il Carosello, amato dai bambini di allora e dai giovani d’oggi, che aggiungeva un plot alla comunicazione del prodotto creando pezzi di intelligenza e di cultura. Non è un caso che di anno in anno aumentino il numero di persone che frequentano le rassegne di cinema industriale organizzate in occasione della Settimana della Cultura d’Impresa. C’è un pubblico ampio, che supera quello degli addetti ai lavori, interessato a conoscere i contenuti culturali dell’impresa, che sono tanti. Basterebbe sostituire la parola prototipazione, che tanto successo ha in ambito aziendale, con quella di ricerca per capire la complessità del mondo aziendale.

EF: Ci sono degli elementi predittivi del successo delle aziende storiche anche nella contemporaneità? Quanto conta la cultura per la loro sopravvivenza?

MP: Il cambio di know how all’interno del proprio core business, la compresenza di più tecnologie e la gestione di diversi processi produttivi sono la chiave del successo dell’impresa contemporanea, che oggi più di ieri ha bisogno di mettere insieme esperienze che provengono da mondi distanti, che poi però bisogna saper raccontare. La cultura è insita nel prodotto, nel “saper fare” con cui viene costruito in cui componente manuale/artigianale e pensiero fanno parte di uno stesso processo.

EF: L’Associazione Museimpresa è attualmente impegnata nella definizione dei contenuti della mostra per i dieci anni della nascita. C’è qualche idea che le piacerebbe venisse rappresentata?

MP: Sono un amante della musica e da tempo ho in mente che si potrebbe creare un parallelismo forte tra prodotti di successo e canzoni di successo. C’è sicuramente una relazione tra i due mondi. Se fosse possibile mi piacerebbe  vedere che cosa questo tipo di abbinamento produce nella contemporaneità.

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