Sino al 26 febbraio 2012 Casa Zegna ospita la mostra “Ermenegildo Zegna primato di qualità. Evoluzione del marchio 1910-1967”. Ne parliamo con Laura Zegna, responsabile dell’Archivio storico e con il curatore Danilo Craveia.

 

Elisa Fulco: Come nasce l’idea di questa mostra?

Laura Zegna: L’idea è nata come risposta al tema proposto per la Settimana della Cultura d’Impresa, “cultura e comunicazione d’impresa”. Ci è sembrato interessante partire dai materiali conservati nell’archivio per rileggere il tema attraverso la narrazione visiva dell’evoluzione storica del marchio, privilegiandone gli aspetti grafici (dal logo, al carattere, alle campagne di comunicazione). Un progetto che proseguirà anche in futuro in cui completeremo la ricerca, ricostruendo la parte più recente della nostra storia, dal 1968 ad oggi.

EF: C’è una ragione speciale per cui avete scelto il 1967 come spartiacque della vostra storia?

Danilo Craveia: Assolutamente sì, il 1967 è l’anno in cui Zegna da lanificio dedicato alla produzione di tessuti di qualità si propone sul mercato con una propria linea di confezione maschile, entrando a pieno titolo nella moda. Sempre il 1967 segna il passaggio generazionale dal fondatore Ermenegildo Zegna ai due figli Aldo e Angelo Zegna.

EF: Che cosa si trova fisicamente in mostra e in che modo avete scelto di esporre il materiale in archivio?

LZ: In mostra esponiamo la riproduzione di tutta la parte grafica della nostra storia (dai documenti ai bozzetti, alle riviste, dalle lettere ai cartelli vetrina) tenendo conto del target dei visitatori di Casa Zegna, composto da addetti ai lavori ma anche da gente curiosa di riscoprire aspetti del territorio, o dell’evoluzione del costume. Anche nell’allestimento teniamo conto di queste due polarità che bisogna sempre soddisfare, costruendo mostre comunicative, in cui lo specialista trova l’elaborazione del logo, effettuata nel tempo da noti designer, e il pubblico generico può sicuramente apprezzare le riviste dell’epoca o piuttosto i bozzetti che ricostruiscono la storia della comunicazione.

EF: Una parte della mostra è dedicata a quella che voi chiamate “la battaglia del marchio”. Chi erano gli avversari e quale l’idea innovativa del fondatore Ermenegildo Zegna?

LZ: L’idea innovativa di Ermengildo Zegna nella prima metà degli anni 20 è stata quella di “firmare” ogni metro dei suoi tessuti con marchi divenuti poi notissimi in Italia e all’estero, come Electa (1929), Soltex (1935) e Astrum (1936). È stato il primo passo fermo verso l’emancipazione da quella sudditanza tecnico-psicologica che teneva i tessuti prodotti a Trivero ancora alla catena del Made in England e che non permetteva il riconoscimento della provenienza geografica e della qualità tecnica.

EF: Una sorta di “tracciabilità” del tessuto e della filiera come si direbbe oggi.

LZ: Assolutamente sì, ma anche una vera e propria difesa del made in Italy ante litteram. Poi nel 1950 si arriva alla creazione del sigillo rosso di qualità, disegnato dal torinese Pino Barale, che riprende lo stemma araldico della famiglia Zegna, conseguito dal nonno nel 1939, anno in cui è diventato conte per meriti industriali e imprenditoriali.

EF: C’è una relazione forte tra costruzione del marchio e comunicazione. Quali le mosse vincenti o le campagne che hanno meglio funzionato nella diffusione del brand su scala internazionale?

DC: Sicuramente dal dopoguerra in poi per Zegna cambia completamente il modo di comunicare perché presuppone l’adozione di un approccio globale e internazionale. È l’epoca del boom economico e sulla comunicazione si gioca l’intera immagine dell’azienda, che non a caso viene affidata ai grandi dell’epoca, allo studio Testa e a Franco Grignani, in grado di declinare il marchio a 360°.  Si conclude l’epoca dei cartellonisti, “dei pittori” prestati alla grafica e si entra nel mondo del design e dei nuovi linguaggi.

EF: C’è qualche campagna in particolare che racconta bene questo passaggio?

DC: Di grande impatto e innovativa nel concept è la campagna “120 – Centoventimila” di Armando Testa del 1960, che recuperando un dato tecnico, il titolo metrico del filato, racconta un’importante rivoluzione tecnologia: 120.000 metri rappresenta la lunghezza raggiunta dal sottilissimo filato per ogni chilogrammo di lana, un risultato senza pari per l’epoca. Nella stessa campagna Testa utilizzò il disegno della “catenaria” formata dalle lettere del nome dell’azienda. Fu questo il nuovo logo che pian piano affiancò il “Sigillo di Qualità”, per allora troppo facilmente imitabile dalla concorrenza.

EF: Per voi che avete ancora una azienda familiare l’investimento sull’archivio sembra quasi naturale. Quando ha presso avvio il progetto e che tipo di documentazione ospita?

LZ: La schedatura dell’archivio parte nel 2003 come esigenza di ricostruire nel dettaglio la storia aziendale in vista del nostro centenario che è stato festeggiato nel 2010. Un progetto ambizioso che ha previsto il coinvolgimento più o meno stabile di quattro archivisti di cui tre attualmente impegnati nell’archiviazione e digitalizzazione del materiale. Sicuramente il lavoro è stato facilitato da un’attitudine alla conservazione che caratterizzava mio nonno e i suoi due figli, che hanno avuto molta cura e rigore nel conservare i documenti.

EF: Quali sono i numeri dell’archivio?

DC: Si parla di oltre un chilometro e mezzo di documenti, incluso il campionario che è ospitato nel lanificio perché tuttora oggetto di consultazione come fonte di ispirazione. Siamo un’azienda viva e nel presente costruiamo la nostra storia e il nostro futuro,  motivo per cui siamo in perenne attività di catalogazione.

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