A metà Ottobre 2012 ha inaugurato il MUMAC, il Museo della macchina per caffè, realizzato in occasione dei primi cento anni del gruppo Cimbali, nella sede di Binasco. Ne parliamo con Enrico Maltoni, la cui importante collezione di documenti e macchine per il caffè è adesso visibile nel nuovo museo.

 

Elisa Fulco: Come è nato il rapporto con il gruppo Cimbali e l’idea del museo?

Enrico Maltoni: Da 25 anni colleziono macchine per caffè e grazie a questa passione sono entrato in contatto con le principali aziende del settore. Dopo aver mostrato la mia collezione in giro per il mondo sentivo che era arrivato il momento di trovare una casa stabile in cui poter raccontare al meglio la storia di queste macchine. Dall’incontro e dalla sinergia con Cimbali è nata l’idea del Museo per le macchine da caffè, un progetto che ha preso corpo negli ultimi tre anni, in vista dei festeggiamenti del centenario del gruppo.

EF: Cosa comprende la Collezione Maltoni?

EM: Oltre a 150 macchine da caffè dagli inizi del Novecento ad oggi (in parte prototipi e pezzi unici), comprende 15.000 documenti cartacei e fotografie, 500 libri storici del settore, con esemplari rari quali il De Plantis Aegipti, scritto dal medico botanico Prospero Alpino di Marostica nel 1592, e circa 500 gadget dei principali marchi storici del settore. In realtà sono quattro collezioni che dialogano tra loro rendendo interessante e curiosa la storia di queste macchine, vista da più punti di vista.

EF: Come si inserisce la sua collezione all’interno del MUMAC?

EM: Nel museo sono visibili 100 macchine della collezione Maltoni e del Gruppo Cimbali. Le macchine da caffè che non sono esposte, oltre 100, diventeranno visibili in occasione della rotazione biennale della collezione. L’archivio cartaceo è stato digitalizzato interamente, grazie a un lavoro di schedatura realizzato in collaborazione con la Fondazione ISEC di Sesto San Giovanni, ed è già fruibile in sede museale.

EF: Che tipo di progetto espositivo avete creato per far dialogare le macchine da caffè con i documenti storici?

EM: La scelta è stata quella di creare sei percorsi cronologici, dagli albori alla contemporaneità, in grado di raccontare in maniera scenografica l’evoluzione delle macchine per il caffè. Per rendere comunicativi i diversi passaggi abbiamo ricostruito interi ambienti, grazie all’inserimento di arredi del periodo, fotografie, manifesti d’epoca, filmati industriali e video. Inoltre un’apposita colonna sonora guida il visitatore da un’epoca all’altra, con la possibilità di approfondire ogni sezione e le singole macchine per il caffè attraverso la consultazione touch screen dell’archivio e monitor.

EF: Di che tipo di storia sono portatrici le macchine per il caffè?

EM: Sono oggetti dalla forte valenza estetica, non a caso sono stati spesso progettati da importanti architetti e designer. Raccontano sicuramente l’evoluzione della tecnica e i progressi nel settore, ma anche l’ambiente del bar, il gusto dominante e lo stile di vita italiano. Sono presenze quotidiane che testimoniano la storia del nostro paese. Motivo per cui abbiamo scelto di scandire ogni periodo della collezione con montaggi video dei principali avvenimenti sociali di ogni epoca, in parte provenienti dall’archivio storico Istituto Luce.

EF: Quali sono stati i cambiamenti più significativi dal punto di vista estetico o tecnico?

EM: Difficile scegliere momenti più salienti, sicuramente un grosso cambio tecnologico si è avuto nel passaggio  dallo sviluppo verticale delle macchine per il caffè a quello orizzontale, segnato dalla La Pavoni modello Ideale 1905 e La San Marco modello 42 – 1942, una delle prime nel suo genere. Così come l’adozione del sistema “a leva” per preparare il caffè ha cambiato e rinnovato l’estetica del bar negli anni Cinquanta. Una storia quest’ultima che è ben raccontata nella terza sala del Museo che ricostruisce il periodo tra il 1945 e il 1960. La quarta sala invece racconta l’esplosione del design negli anni Sessanta: da Gio Ponti a Sottsass, a Bonetto sino ai F.lli Castiglioni.

EF: Nella collezione del MUMAC, oltre alle Cimbali, compaiono le macchine per il caffè delle più importanti aziende italiane del settore. A cosa si deve questa scelta?

EM: Su questo importante punto c’è stata da subito grande sintonia tra me e il gruppo Cimbali. Una storia della macchine per il caffè che vuole essere esaustiva e completa deve chiaramente ospitare tutte le più importanti aziende del settore, preservando anche la memoria di quelle che oggi non ci sono più.

EF: In che modo raccontate il futuro delle macchine per il caffè nell’ultima sezione?

EM: L’ultima sala è chiamata ingresso nel millennio. Ad accogliere il visitatore ci sono gigantografie e in bella vista le macchine di nuova generazione. Dalla Faema di Giugiaro alla new entry della Cimbali, il modello M100, realizzata in occasione del centenario.

EF: Quale è stata la prima macchina che ha acquistato che ha dato il via alla collezione e al MUMAC come tappa finale?

EM: Era il 1988, quando ho acquistato la mia prima macchina, una Faema modello Marte del 1952, in occasione della Fiera di Antiquariato ad Arezzo. È stato amore a prima vista. L’ho comprata istintivamente e poi ho cercato di ricostruirne la storia.  Ma è stata proprio l’assenza di documentazione sul tema che ha acceso la curiosità e che mi ha spinto a proseguire. Dal 1988 sino al 2000 sono stato un collezionista “anonimo”, poi è iniziato il tour della collezione che mi ha portato sin qui. La ricerca però non è ancora terminata.

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